SOLE NERO (Leone editore, settembre 2012).
Di questo mio romanzo è stato detto che non ha nulla di cinematografico, che
avrebbe il passo lungo di certe ambientazioni alla Steinbeck; ma con la
stessa intensità è stato sostenuto il
contrario, c'è infatti chi vi ha visto la sceneggiatura di un
ecothriller da proiettare in 3D per platee estese, o la falsariga di un
evento probabile o possibile, ma non certo augurabile. Da parte mia
aggiungo che Sole nero ha basi scientifiche, e non fantastiche: ed è
anche per questo che non è forse ascrivibile ad alcun genere se non al
piacere che il lettore vi può cogliere nel seguire lo sviluppo
narrativo, le tensioni e le vibrazioni dei protagonisti e dello stesso
deserto, l'amalgama di suspense e azione. Non si può mirare al singolo
genus, pena la condanna di appartenere a quel tipo di prosa e non
uscirne più. Cos'è Sole nero, un romanzo sul futuro, un thriller, un
noir, un poliziesco, un apologo sulla nostra stessa società, sull'uomo,
un'ultima eco delle Lettere dal Sahara di Moravia? Forse non è nulla o è
un po' di tutto questo. L'ho scritto senza pormi domande, sentivo
l'urgenza di problemi epocali, di scelte irrisolte, drammatiche (c'è chi
ha trovato delle affinità con Lo Straniero di Camus) e tuttavia
sommerse, forze incombenti e nello stesso tempo dimenticate, non ancora
esplose. Allora ho visto le immagini prima di scriverle. Quando il fiume
si è placato ho riletto: Sole nero è solo la versione corretta di
qualcosa che mi sono ritrovato a raccontare. Le migliaia di copie
vendute da questo romanzo sembrano confermare che per scrivere non
occorre altro che un filo, una suggestione, un nodo confuso che forse
non potrà mai sciogliersi. L'importante è seguirlo fedelmente e con
coerenza. La scrittura non serve a nulla, se non a capire che sta tutto -
ancora e nonostante questa - ben oltre.
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