giovedì 18 dicembre 2014

SOLE NERO (Leone editore, settembre 2012).
Di questo mio romanzo è stato detto che non ha nulla di cinematografico, che avrebbe il passo lungo di certe ambientazioni alla Steinbeck; ma con la stessa intensità è stato sostenuto il contrario, c'è infatti chi vi ha visto la sceneggiatura di un ecothriller da proiettare in 3D per platee estese, o la falsariga di un evento probabile o possibile, ma non certo augurabile. Da parte mia aggiungo che Sole nero ha basi scientifiche, e non fantastiche: ed è anche per questo che non è forse ascrivibile ad alcun genere se non al piacere che il lettore vi può cogliere nel seguire lo sviluppo narrativo, le tensioni e le vibrazioni dei protagonisti e dello stesso deserto, l'amalgama di suspense e azione. Non si può mirare al singolo genus, pena la condanna di appartenere a quel tipo di prosa e non uscirne più. Cos'è Sole nero, un romanzo sul futuro, un thriller, un noir, un poliziesco, un apologo sulla nostra stessa società, sull'uomo, un'ultima eco delle Lettere dal Sahara di Moravia? Forse non è nulla o è un po' di tutto questo. L'ho scritto senza pormi domande, sentivo l'urgenza di problemi epocali, di scelte irrisolte, drammatiche (c'è chi ha trovato delle affinità con Lo Straniero di Camus) e tuttavia sommerse, forze incombenti e nello stesso tempo dimenticate, non ancora esplose. Allora ho visto le immagini prima di scriverle. Quando il fiume si è placato ho riletto: Sole nero è solo la versione corretta di qualcosa che mi sono ritrovato a raccontare. Le migliaia di copie vendute da questo romanzo sembrano confermare che per scrivere non occorre altro che un filo, una suggestione, un nodo confuso che forse non potrà mai sciogliersi. L'importante è seguirlo fedelmente e con coerenza. La scrittura non serve a nulla, se non a capire che sta tutto - ancora e nonostante questa - ben oltre.

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